Il fisco strozza le imprese: valanga di tasse in arrivo
Lo Stato torna
a battere cassa.
Le cartelle esattoriali sospese
dal fisco a causa
del Covid saranno infatti presentate all’incasso entro la fine dell’anno e
l’inizio del 2023. Così per lo
meno assicura Federcontribuenti, secondo cui ai sette
milioni di notifiche fiscali già
inviate entro luglio di ques t’anno, se ne aggiungeranno
altri 13. Ma non è finita: perché oltre a queste, sono in
arrivo 2,5-3 milioni di cartelle che gli enti locali affideranno all’Agenzia delle entrate per la riscossione. In
altre parole, sugli italiani
provati dalle maxi bollette si
sta per scaricare una maxivalanga di tasse, comprensive di arretrati e sanzioni, che
rischia di travolgere la fragile economia di famiglie e imprese.
Già questo basta e avanza
per un titolo a tutta pagina,
perché, se lo Stato ci mette
del suo per spazzare via
aziende che faticano a resistere alla congiuntura, non
c’è speranza. Mentre altri
Paesi stanziano aiuti per venire incontro a chi non ce la
fa a causa della crisi provocata dalla guerra in Ucraina
e dallo shock energetico, da
noi il fisco pare voler fare di
tutto per mettere i bastoni
fra le ruote ai contribuenti,
con adempimenti e pretese
che non vanno a caccia dei
veri evasori, ma di chi le tasse le pagherebbe volentieri
se solo potesse. Come sa
chiunque faccia l’i m p re n d i -
tore, a un creditore in difficoltà per effetto di una situazione transitoria non puoi
tirare il collo, perché rischi
di farlo fallire e di perdere
pure ciò che ti potrebbe liquidare seppure a rate. Ma lo
Stato non è un imprenditore
e se da un lato si mostra debole con i furbi, dall’altro fa
la voce grossa con le persone
per bene, avviandole non di
rado verso il fallimento.
Di quanto sia privo di senso pratico l’atteggi amento
del fisco e quanto sia poco
logico se confrontato al comportamento dei regimi fiscali di altri Paesi, lo dimostra
poi un altro fattore, ovvero i
debiti della Pubblica amministrazione nei confronti
delle imprese. Infatti, mentre lo Stato alza la voce e
pretende, pena una raffica
di sanzioni, il pagamento degli arretrati fiscali, dall’a l tro
è lo stesso Stato a infischiarmene delle scadenze e a non
saldare i conti accumulati
nei confronti delle aziende.
A segnalarlo è uno studio
della Cgia di Mestre, secondo cui i debiti della Pubblica
amministrazione nei confronti dei privati hanno raggiunto la ragguardevole cifra di 55,6 miliardi di euro,
un debito che, nonostante le
difficoltà del sistema produttivo per finanziare la
normale attività, nessuno
sembra intenzionato a ridurre. È dai tempi di M atte o
Renzi, cioè dal 2014, che si
discute di come smaltire lo
stock creditizio vantato dalle imprese nei confronti di
ministeri e enti locali, ma a
quanto pare la questione
non si risolve. L’ex Rottamatore, in una storica puntata
di Porta a porta, promise di
andare in processione a piedi da Firenze a Monte Senario se in pochi mesi non fosse riuscito a ridurre i debiti
dello Stato verso le aziende.
Ovviamente perse la scommessa e ancor oggi Br u n o
Ve s pa se la ride. Ma se il fondatore di Italia viva, in due
anni al governo ha mancato
nell’impresa, pur riuscendo
a ridurre un poco lo stock,
chi è venuto dopo di lui neppure ci ha provato. Da G e nti -
loni a C o nte e da questi a
D ra g h i , i ritardi nella liquidazione delle fatture sono
diventati patologici. A questo proposito, vale la pena di
ricordare un caso clamoroso, ovvero la vicenda delle
Acciaierie d’Italia, fabbrica
controllata dallo Stato per
tramite di Invitalia e di cui è
azionista un gigante multimiliardario (e multi utile)
come Arcelor Mittal. Il governo ha da poco sganciato
un assegno da 1 miliardo per
ricapitalizzare la società,
che tuttavia non paga le piccole e medie imprese pugliesi, accumulando un centinaio di milioni di debiti. L’ex
Ilva ha un arretrato per bollette d’acqua non saldate nei
confronti dell’Ente per lo
sviluppo e l’irrigazione della
Puglia che sfiora i 400.000
euro. Ma c’è da giurare che
mentre una controllata pubblica non salda i suoi debiti,
il fisco pretenderà da quelle
stesse aziende pugliesi che
onorino i loro con l’A ge n z i a
delle entrate.
Perché la mano sinistra
del fisco non parla con quella di destra della Pubblica
amministrazione, ma tutte e
due contribuiscono a strangolare quelle stesse imprese
che hanno scambiato per
vacche da mungere fino all’ultima goccia.
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