STUPIDA RAZZA

giovedì 20 gennaio 2022

Purtroppo nessuna novità sul Mes Si va avanti con gli errori del passato

 

Alla riunione dell’Eu ro - gruppo la Francia entra a gamba tesa per rompere il fronte del patto di stabilità. Berlino per il momento non molla la filosofia dell’austerity e la fobia per il debito. Come se la pandemia non avesse cambiato gli equilibri globali. Anche sul Mes nessuna decisione definitiva ma si prospettano gli stessi errori fatti in pa s s ato.Ieri e oggi importante due giorni a Bruxelles per le tradizionali riunioni di inizio anno dell’Eurogruppo e del Consiglio nel formato Ecofin. Riteniamo opportuno sottolineare, ancora una volta, l’impor - tanza di queste riunioni alle quali è difficile appassionarsi, ma che, quasi sempre, determinano - anche a distanza di anni - l’effettivo andamento della nostra economia. E l’in - contro di ieri ha confermato il ruolo di crocevia fondamentale costituito dall’Eu rog r up p o, dove nulla viene formalmente deciso - non è una istituzione della Ue propriamente detta - ma da quelle riunioni escono quasi sempre le idee che poi la Commissione «traduce» in proposte di regolamento adottate dal Consiglio, co-legislatore della Ue. L’agenda dell’Eu rog rup p o tenutosi ieri pomeriggio era già piuttosto fitta: Lauren ce B o o n e, capo economista dell’Ocse, ha discusso con i ministri sul recente andamento d e ll ’economia dell’eurozon a , comparato con le altre grandi economie del pianeta; la Commissione ha presentato la bozza delle raccomandazioni sulla politica economica dell’eu - rozona, da adottarsi nell’Eco - fin di oggi; è stata intavolata la discussione sul percorso di riforma delle regole di bilancio dell’eurozona, per la quale si attende la proposta della Commissione nel corso dell’a n n o; è stato fatto il punto sullo stato di avanzamento del processo di ratifica del Mes e, soprattutto, sul definitivo rafforzamento e completamento dell’Unio - ne bancaria. Partendo dal Mes, come riferito sabato, il fatto che Francia, Italia e Germania non abbiano ratificato non appare affatto casuale. Forse in pochi ricordano che nel 2012, la ratifica del trattato originario fu caratterizzata da un «incidente» che, di fatto, ci ha condotto ad avere due testi del trattato del Mes: uno valido per la Germania e l’altro per i restanti 18 Paesi dell’eurozona. Infatti, durante il processo di ratifica davanti al Bundestag, una sentenza della Corte costituzionale tedesca - giunta a ratifica ormai avvenuta da parte di tutti gli altri Stati dell’eurozo - na - pose una importante riserva interpretativa su due articoli del trattato del Mes. Per evitare di riavviare il processo di ratifica in tutti gli altri Paesi, si adottò l’escamotage di adottare delle «dichiarazioni interpretative» che facevano salva la posizione della Corte tedesca. Da allora, il trattato del Mes è in bilico: o vale il testo tedesco, violando però il principio di reciprocità sancito dall’articolo 11 della nostra Costituzione, o il trattato vige nella sua forma piena, violando così la Costituzione tedesca. Anche questa volta siamo nella stessa situazione, essendo pendente da giugno scorso un ricorso alla Corte di Karlsruhe da parte dei liberali tedeschi che, ironia della sorte, sono rappresentati in questi giorni a Bruxelles proprio dal loro leader Christian Lindner. Rispetto al 2012, questa volta però il Bundestag - fedele al principio «niente spese senza autorizzazione parlamentare» (no taxation without represe n tatio n) - potrebbe superare le obiezioni della Corte approvando la ratifica con la maggioranza qualificata dei due terzi. Ma ci vorrà comunque te m p o. È quindi ragionevole ipotizzare che, in questa tornata, Parigi e Roma non si vogliano trovare nella stessa imbarazzante situazione e si siano messe alla finestra per attendere Berlino. Per l’Italia potrebbe esserci il problema aggiuntivo di una maggioranza parlamentare non proprio compatta sulla ratifica e probabilmente col fiato corto a causa delle trattative per il Quirinale. Per il momento, ieri sera il ministro Daniele Franco si è limitato a confermare il mantenimento dell’i m p eg n o. Stupiscono le considerazioni emerse a proposito dell’an - damento dell’economia dell’eurozona: si ammette che questa volta, al contrario del 2009-2011, la politica di bilancio espansiva ha giocato un ruolo decisivo nell’evitare una crisi più profonda e nel migliorare la velocità della ripresa; si ammette che sono state proprio le sciagurate scelte di lockdown e azzeramento dei contatti sociali a provocare un calo dell’economia peggiore di altre aree. Date queste premesse, la lezione per il futuro è quella di pensare alla riduzione del debito, rifarsi alle solite politiche dal lato dell’o f fe rta (le ormai mitologiche «riforme») e lasciare agli investimenti del Next generation Eu il compito di stimolare l’eco - nomia dal lato della domanda. Non sembra che la lezione del passato sia servita. Il piatto forte dell’attivi tà dell’Eurogruppo per il 2022 sarà costituito dal completamento dell’Unione bancaria, tuttora a due gambe (vigilanza unica e risoluzione unica delle crisi bancarie) e priva della terza (assicurazione comune sui depositi). I tedeschi sostengono da tempo che ques t’ultima fase dell’Un io n e bancaria richiede preventivamente che anche ai titoli del debito pubblico nei bilanci bancari sia assegnato un livello di rischiosità. Si intenderebbe così spezzare il legame tra banche e debito pubblico che però è, almeno da dieci anni, una fonte significativa dei profitti delle nostre banche. Su questo tema nessun segnale decisivo è giunto dalla riunione di ieri. Solo la conferma che questo sarà il tema centrale del 2022. E non è poco, poiché per la stabilità finanziaria del nostro Paese è una partita d e c i s iva . 

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