In vista del Consiglio Ue sulla crisi energetica venerdì prossimo, la Commissione europea sta studiando un intervento sul mercato Ttf di Amsterdam dove si formano le quotazioni europee di riferimento per il gas naturale. La piattaforma dovrebbe essere sottoposta alla supervisione finanziara dell’Esma, l’organismo di vigilanza sui mercati. Intanto, secondo uno studio di un centro di ricerca finlandese, nel primo semestre l’export di gas, petrolio e carbone verso l’Unione europea ha fruttato alla Russia entrate per 85 miliardi di euro contro i 113 miliardi dell’intero 2019, nonostante il calo dei volumi sia stato di oltre un terzo.Graduali e cumulative. Come sempre. A luglio e ad agosto le sanzioni europee hanno inciso, e non poco, sull’economia russa. Prima ha fatto da cuscinetto il rialzo delle quotazioni: malgrado la flessione degli acquisti di combustibili fossili - secondo l’ultimo rapporto del Crea, il Centre for Research of Energy and Clean Air finlandese, che sostiene non solo la riduzione globale di queste fonti di energia, ma anche il blocco totale dell’import dalla Russia - il flusso di risorse dalla Ue a Mosca nei primi sei mesi di invasione dell’Ucraina è stato di 85 miliardi di euro (contro i 113 miliardi dell’intero 2019 in base ai dati Comtrade). Il primo importatore è stata la Germania, 19 miliardi, seguita da Olanda (11,1), Italia (8,6 miliardi), Polonia (6,7 miliardi) e Francia (5,5 miliardi). A luglio e ad agosto le importazioni della Ue sono però calate del 35% rispetto ai livelli di gennaiofebbraio, e questo trend è destinato ad accentuarsi. In totale, la Russia ha ricavato 158 miliardi di euro dalle sue esportazioni di combustibili fossili. Hanno inciso molto i maggiori acquisti di petrolio da parte di India, Cina, Emirati, Egitto e Turchia, e di carbone da parte della Cina. Pechino si conferma quindi un grande sostegno per Mosca: ieri ha annunciato che pagherà in rubli e yuan il gas russo (anche se ha scarse possibilità di acquistare il gas negato all’Europa: mancano i gasdotti). Il bilancio statale russo ha così beneficiato di 43 miliardi di euro, a fronte di spese belliche valutate in 100 miliardi. A luglio però il ministero delle Finanze di Mosca ha ammesso di aver registrato entrate inferiori al previsto di 1,2 miliardi di euro. Le entrate fiscali,escludendo il petrolio, sono in calo del 15% circa: un segnale delle difficoltà dell’economia. I dati di luglio e agosto, in particolare, mostrano che l’export totale di gas russo è calato del 56%, di carbone del 29%, di Lng del 15% e di prodotti raffinati del 34%. Solo l’export di greggio è aumentato, del 19%: la Russia starebbe vendendo a sconto del 20% rispetto ai prezzi di mercato. «Solo una piccola parte dell’impatto in arrivo delle sanzioni è stato realizzato» finora, spiega il rapporto. Le importazioni Ue di greggio sono calate a luglio e agosto del 17%, ma a regime la flessione dovrebbe raggiungere il 90%. Malgrado il rialzo delle quotazioni, la Russia registra allora 170 milioni di euro al giorno di mancati ricavi, a fronte di una riduzione del 18% dell’export totale rispetto a febbraio. Ue, Usa, Giappone e Gran Bretagna fanno mancare alla Russia 250 milioni al giorno. Sono state molto efficaci le sanzioni sul carbone: l’export è ai minimi. La Russia non ha trovato acquirenti alternativi, e ha pesato il divieto della Svizzera di trattare i relativi contratti sul carbone russo: passavano per Zurigo almeno due terzi degli scambi. Molte miniere, nell’Oblast di Kemerovo, hanno chiuso. Per il petrolio occorrono invece sanzioni più incisive, spiega il rapporto: la Russia ha trovato un canale alternativo nelle navi. L’impatto sarebbe maggiore se la Ue vietasse alle sue navi il trasporto del petrolio russo destinato a Paesi terzi, e l’uso dei suoi porti, e se Gran Bretagna e Norvegia vietassero di assicurare i viaggi. Le sanzioni stanno colpendo anche altri settori. A giugno la produzione siderurgica è calata del 25% su base annua, soprattutto a causa – secondo vice primo ministro Denis Manturov – della ridotta domanda interna, in particolare dal settore delle costruzioni. Analogamente le vendite di automobili sono scese del 75%. L’inflazione al 15% ha ridotto i salari reali che sono calati a loro volta del 6% in un anno. Graduali e cumulative, le sanzioni incidono.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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