Mai come di questi tempi vale il proverbio che recita: «Dagli ami ci mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io». Credo che non ci siano dubbi su chi debba essere considerato il nemico: da sei mesi a questa parte il pericolo pubblico che mette a repentaglio la stabilità mondiale e la nostra economia si chiama Vladimir Putin. Quanto agli amici per cui chiedere aiuto a nostro Signore affinché ci protegga, beh sono molti di più di quanto ci si immagini. All’interno dell’Unione europea o della Nato, e dunque al nostro fianco nella difesa dell’Ucraina e contro il dispotismo russo, ci sono infatti Paesi che si fanno gli affari propri e che sfruttano cinicamente il vantaggio offerto dalla guerra in Ucraina. Vi chiedete a chi io mi stia riferendo? Beh, da questo punto di vista c’è l’imbarazzo della scelta. Comincio dalla Turchia, nazione che da lungo tempo fa parte dell’A l l ea n za atlantica e dovrebbe essere il nostro avamposto nell’Asia minore, con influenza sul Medio Oriente. Fin dai primi giorni del conflitto si era capito che il Sultano di Ankara, al secolo Recep Tayyip Erdogan, non aveva alcuna voglia di dichiarare guerra a Mosca. Lo zar del Cremlino è un compagno di merende del Califfo che governa sul Bosforo; dunque, que s t’ultimo non aveva intenzione di disturbare le mire espansionistiche dell’altro. E infatti all’Onu si è ben guardato dal votare le sanzioni alla Russia, preferendo astenersi. Voltandosi dall’altra parte quando si è trattato di schierarsi a favore della libertà degli ucraini, E rd oga n si è tenuto le mani libere, continuando a trafficare con Mosca. Al di là delle sue uscite pubbliche, come la dichiarazione a favore della restituzione a Kiev della Crimea conquistata dai russi otto anni fa, sono i numeri che parlano chiaro. Già, quelli, a differenza di tanti capi e capetti di Stato, non mentono. Dunque, mentre il Pil della Germania è a crescita zero, quello della Francia si attesta allo 0,5 e l’Italia sta attorno al 2,9 per cento, il Prodotto interno lordo della Turchia nel secondo quadrimestre è salito al 7,7 per cento, tutto ciò mentre il valore della lira turca rimane fiacco, anzi al ribasso. Vi chiedete quale sia la ricetta che sta facendo rialzare la produzione e l’export turco? La risposta è semplice: mentre noi abbiamo imposto l’embargo ai prodotti diretti in Russia, rinunciando a fare affari con Pu - ti n , Ankara se ne sbatte. Infatti, qualsiasi imprenditore alla canna del gas o privo di scrupoli, usa la Turchia per operazioni di triangolazione con Mosca, magari anche aprendo una succursale a Istanbul. Risultato, l’economia del Sultano rifiata, la nostra bocc h eg g i a . Ma E rd oga n non è solo. Prendete per esempio quel bellimbusto di Jens Stolte n b e rg , ovvero il segretario della Nato. Politico di terza fila, che in passato andava in brodo di giuggiole per i gruppi antimperialisti e marxisti-leninisti, dopo aver contestato gli Stati Uniti si è riconvertito, divenendo primo ministro della Norvegia e in seguito fedele interprete della strategia americana in Europa. Come segretario dell’A lleanza atlantica è tra i più determinati nel sostenere l’Ucraina, costi quel che costi: soprattutto agli altri. Già, perché mentre propugna la linea dura, Stolte nb e rg ha già pronta un’a mbita poltrona che lo ripagherà di tutti gli sforzi sostenuti. A febbraio di ques t’anno, in vista della scadenza del suo mandato alla Nato, l’ex primo ministro è stato nominato governatore della Banca di Norvegia. In pratica, appena lascerà il quartiere generale di Bruxelles diventerà l’Ig nazio Visco di Oslo. Fin qui la faccenda è nota, meno conosciuto è un aspetto che in qualche modo lo ricollegherà alla guerra e alle sue conseguenze quando indosserà il doppiopetto del banchiere. L’ex direttore di Gavi Alliance, fondazione creata da Bill Gates per diffondere i vaccini (sì, ha fatto anche questo), con la Banca di Norvegia controllerà il fondo sovrano del Regno, ossia quell’i sti tuzione che sta facendo soldi a palate con l’aumento del prezzo del gas. Come è noto, Oslo estrae e vende metano e i guadagni li reinveste nelle Borse di mezzo mondo. Beh, quest’a n n o, grazie all’aumento del prezzo del gas, il fondo si metterà in tasca un centinaio di miliardi, che per un Paese con cinque milioni di abitanti, fa 20 mila euro a testa. Insomma, Je n a S to lte n b e rg quando mollerà la poltrona della Nato per quella più comoda della Banca di Norvegia, si troverà un bel tesoretto da gestire. Ovviamente sulla pelle dei cittadini europei condannati a pagare bollette mostruose. Il premier polacco, Mateusz Morawiecki, in un’intervista ha detto che è giusto indignarsi con la Russia, ma forse un po’ di indignazione la dovremmo riservare anche a chi, con la guerra, sta guadag n a n d o. Tra questi ovviamente bisogna citare l’Olanda, altro Paese che si sta arricchendo con il gas (che estrae ed esporta) e con le transazioni registrate alla Borsa di Amsterdam. Il premier dei Paesi Bassi, M a rk Rut te, infatti è il più tenace oppositore di qualsiasi proposta che miri a imbrigliare il prezzo del metano. Ovvio, no? Finora, grazie all’instabilità dei mercati a seguito dell’invasione, il suo Paese ha fatto affari d’oro. Prova ne sia che l’Olanda, pur essendo destinataria dei fondi del Pnrr, al momento non ne ha fatto richiesta. Infatti, perché indebitarsi con l’Europa, dovendo magari sottostare anche a delle regole, quando si possono fare soldi facili speculando sul prezzo del gas? L’elenco degli amici di cui guardarsi può proseguire con gli Stati Uniti, che avrebbero dovuto darci il gas liquido a prezzo scontato, ma a quanto pare lo vendono allineando le quotazioni al mercato di Amsterdam mentre è già in viaggio nell’Oceano. Infatti, prima di arrivare a destinazione cambia prezzo più di una volta. Infine, tra gli amici da cui chiedere al buon Dio di guardarci, segnalo alcuni ministri, come il tanto lodato Roberto Cingolani. Da responsabile della transizione ecologica ci ha più volte rassicurato, dicendo che il Paese non rischiava alcun blackout. Peccato che ieri ci abbia fatto capire come, invece della transizione, ci aspetti la glaciazione. L’unica decisione di fronte alla drammatica situazione che vede aziende e famiglie in difficoltà a pagare le bollette è infatti la limitazione di un grado di riscaldamento e la riduzione di un’ora del funzionamento dei caloriferi. C’è un modo per definire scelte che sono inconsistenti e non risolvono il problema: pannicelli caldi. Vista la situazione, qui siamo ai pannicelli freddi. Consigliati però quando qualcuno prende un colpo di sole.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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